Concorsi

455 ragazzi vincono il concorso in Polizia, ma restano a casa perché lo Stato cambia i requisiti del bando

Sei in un limbo e non hai pace. Non capisco come si possano cambiare i requisiti di un concorso pubblico in corsa. Siamo in 455 e ci siamo ritrovati esclusi dall’oggi al domani. Molti avevano già iniziato a fare progetti di vita, lasciando addirittura il lavoro o rinunciato ad altre opportunità. Io, per fortuna, non ho preso decisioni avventate dopo aver ottenuto l’idoneità. Ed ancora aspetto!”

Sono queste le parole di Roberta, una 31enne etnea protagonista – con centinaia di ragazzi – di una vicenda paradossale. Una vicenda tutta italiana, nell’accezione peggiore del termine. Pur avendo superato tutti gli iter di un concorso pubblico per diventare agente di polizia, e avendo ottenuto l’idoneità, ancora attende una chiamata che da parte del Ministero non è ancora arrivata, poiché sono stati cambiati i requisiti in corsa e gli idonei sarebbero troppo “anziani”.

La storia

Il concorso “incriminato” è quello per reclutare 1148 allievi agenti della polizia, uscito nel 2017, riservato ai civili e che prevedeva come limite i 30 anni non compiuti e la licenza media. I candidati che avrebbero ottenuto un voto superiore nella prova scritta ai 6/10 sarebbero stati a loro volta inseriti in una graduatoria che avrebbe avuto valenza triennale. Roberta consegue un ottimo punteggio ai quiz, che tuttavia non è sufficiente per rientrare nei 1148 posti a disposizione.

Quindi era in attesa dello scorrimento per poi sostenere l’altro step delle prove. Ma a gennaio del 2019, nell’ambito del decreto semplificazione con un emendamento, sono stati apportati dal parlamento dei cambiamenti ai requisiti del bando: è stato abbassato il limite di età a 26 anni e si è reso obbligatorio il diploma.

La svolta

Così la posizione di tantssimi ragazzi, è rimasta congelata con la beffa aggiuntiva che con lo scorrimento della graduatoria sono stati sopravanzati da chi aveva ottenuto anche un voto inferirore alla prova scritta. Così, Roberta, e con lei tutti gli altri aspiranti nelle stesse condizioni, non ha potuto svolgere i successivi test per aggiungere l’idoneità.

Allora per i ragazzi è iniziata una battaglia legale per coronare il loro sogno ed hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio per far valere i loro diritti. Lo scorso giugno il tribunale amministrativo ha fatto segnare una prima vittoria ammettendo con riserva i ricorrenti e dando così la possibilità di partecipare alle prove selettive, e  fissando, per la trattazione del merito, una udienza pubblica per il 3 aprile 2020.

I ragazzi che hanno superato anche gli accertamenti psicofisici ed attitudinali sono stati dichiarati idonei ma con riserva e – ennesima beffa – non sono stati chiamati al corso di formazione partito il 29 agosto che invece è stato “aperto” solo agli idonei under 26 e diplomati, escludendo così, tutti gli altri aspiranti ricorsisti. Quindi questi ultimi, pur avendo conseguito voti molto più alti rispetto a chi è stato avviato al corso, sono stati depennati e non considerati affatto.

La situazione, nuovamente impantanata, e che si è giocata a colpi di carte bollate, non si è ancora sbloccata. Nonostante il Tar abbia espresso giudizio favorevole alla chiamata per il corso di formazione si resta in un limbo e si dovrà attendere il Tar ad aprile 2020.

La testimonianza

“Conosco molti ragazzi completamente spiazzati – racconta Roberta – non si può giocare così con la vita delle persone. Siamo tantissimi, la maggior del parte Sud. I siciliani sono un centinaio circa, ed in totale 455 sparsi in tutta Italia. Speriamo che la politica interceda per noi, sciogliendo la riserva, e ci aiuti ad uscire da questo incubo. Perché purtroppo la via giuridica è lunga e tortuosa”.

“E’ davvero paradossale – prosegue – vedere che ci hanno esclusi dal corso e ci hanno sopravanzati concorrenti, anche con punteggi inferirori al nostro, e che ci sia stato negato qualcosa per cui abbiamo lottato e doveva spettarci di diritto. Io ho il sogno di indossare una divisa, ho lottato per questo e sono vicinissima a realizzarlo, non possono togliermelo”.

Così i ragazzi hanno fatto appello alla politica che, con un emendamento, potrebbe cambiare le carte in tavola e dare la possibilità di poter cominciare il corso di formazione per divenire agenti. Un lavoro che si sceglie per passione e per vocazione. Proprio come ha fatto anche Emanuela Loi che ha denunciato pubblicamente questo strampalato concorso. Si tratta della nipote della stessa zia omonima, che è l’agente di scorta che ha perso la vita in via D’Amelio a Palermo facendo da scorta a Paolo Borsellino. Anche lei fa parte di questo limbo d’attesa. Lei come Roberta, ed i 455 ragazzi che vorrebbero indossare una divisa e servire il proprio Paese.

Redazione a cura di Andrea Sessa per Catania Today

 

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