Polizia

Arianna, la poliziotta sospesa per un tatuaggio (che aveva già cancellato): «Ho pagato la sincerità»

Esistono date spartiacque nella vita di una persona. Quella di Arianna Virgolino è il 7 novembre 2019. Quel giorno il questore di Lodi la premiava per aver sventato una rissa da Far West a Casalpusterlengo. «Due ore dopo — racconta l’ex agente — consegnavo pistola, manette e distintivo e uscivo per sempre dalla Polizia: la sospensione mi è stata notificata nello stesso giorno dell’encomio per meriti di servizio».

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La punizione

Colpa di un tatuaggio che Arianna aveva cancellato due anni prima ma le è costato la carriera. Un cuore con coroncina sul polso, regalo per i 18 anni. «L’ho eliminato come prescrive la norma». La sentenza del Consiglio di Stato che «condanna» Arianna e altri ex poliziotti nella sua situazione, è stata resa pubblica nei giorni scorsi. Arianna racconta la sua vicenda al Corriere. Quella di una promettente agente di polizia espulsa per «demeriti estetici». «La cosa incredibile — racconta lei, 31 anni, mezza campana e mezza piemontese ora a Peschiera del Garda — è che in servizio non ho mai avuto quel tatuaggio, eliminato a colpi di laser (nove sedute a 200 euro l’una, ndr) subito dopo aver superato le preselezioni». A condannarla la sua sincerità: «Il tatuaggio era quasi sparito ma ho preferito essere corretta. Pensavo mi avrebbero apprezzato, invece mi hanno messo alla porta».Arianna viene dichiarata inidonea.

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Il Tar

Il Tar però le dà ragione, sospende il provvedimento, la riammette alla scuola di polizia. Conclude l’addestramento, giura per la patria ed entra alla sottosezione di Guardamiglio della Polstrada di Lodi. Incarico tosto, 60 chilometri di autostrada, a caccia di narcos e incidenti. Una volta salva una ragazza incastrata e con quattro dita mozzate usando un braccialetto come laccio emostatico. Poi la notte di Casalpusterlengo: «Io e i colleghi eravamo fuori servizio a bere: da una lite fra due ecuadoregni scoppiò l’inferno con latinos che si sfidavano a bottigliate. Li contenemmo a mani nude fino all’arrivo dei rinforzi». Un mese dopo il prefetto Marcello Cardona la premia per il gesto coraggioso; nello stesso giorno Roma le dà il benservito. Il Consiglio di stato, IV sezione, rovescia la decisione del Tar: inidonea. «Ho consegnato il distintivo con la morte nel cuore. Amo questa divisa».

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La battaglia condivisa

Ora è nel limbo: sospesa, ma non licenziata, disoccupata. «Per pagare i legali ho venduto l’auto». La sostengono il compagno (ispettore anche lui), il figlio di 8 anni («prega che la Polizia mi richiami»), le attestazioni di stima dai colleghi di tutta Italia: «Mi scrivono in tanti, sogno di tornare in servizio a Lodi». Con Arianna tre compagni di corso — Sara, Claudio, Valeria — combattono la stessa battaglia: «Vado avanti, non cerco nessuna forma di risarcimento, voglio solo poter tornare a servire il mio Paese».

Redazione articolo a cura di Francesco Gastaldi per il Corriere.it

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