Carabinieri

Bavaglio dell’Arma su Social ed App, “Un ritorno al passato di cui non sentivamo il bisogno”

Dopo il “bavaglio” della circolare Gabrielli fortemente contestata dai sindacati di Polizia, un richiamo all’utilizzo corretto dei social network e della app di messaggistica arriva anche dall’Arma dei carabinieri. È quanto riporta una circolare del Capo di Stato Maggiore dell’Arma attraverso una circolare che invita ad usare un maggior riserbo nel pubblicare post, foto e video, ma anche nel inviare messaggi attraverso le app.  La circolare ha creato non poche discussioni, proprio in quelle chat di cui parla il Capo di Stato Maggiore dell’Arma ed a rivelarne le criticità è il Nuovo Sindacato Carabinieri.

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Nel condividere la necessità di richiamare il dovuto riserbo e/o segreto delle indagini, sull’attività operativa, investigativa e di servizio in genere, dal quale discende il giusto divieto di diffondere testi, immagini, video o audio, si è voluto ancora una volta strafaresottolinea il Nuovo Sindacato Carabinieri – vietando con la stessa circolare, ulteriori comportamenti o atteggiamenti che vanno ad incidere su diritti costituzionalmente garantiti quale l’art. 21 della Costituzione della Repubblica, non essendo però previsti da apposita riserva di legge, come invece è dovuto ogni qualvolta si debbano limitare dei diritti costituzionalmente garantiti.

 


Sorvolando sull’utilizzo della lingua inglese nel descrivere la comunicazione tra singoli utenti (on to one) – sottolinea la Segreteria Nazionale del Nuovo Sindacato Carabinieri – che verrebbe descritta come modalità non legittima di scambio di “informazioni d’ufficio”, ci si chiede se anche l’oramai l’obsoleto utilizzo degli SMS tra singoli utenti possa invece rientrare nella facoltà di utilizzo degli strumenti che la tecnologia offre, al pari della singola telefonata vocale tra utenti o se anche questi ultimi siano messi all’indice da questa retrograda circolare fuori dal tempo che contiene tutto e il contrario di tutto, e dalla quale non si riesce sinceramente a capire quale sia la modalità legittima di scambio di informazioni quando ad esempio 2 militari della stessa scala gerarchica (es. C.te di Stazione e C.te di Compagnia) dovessero comunicare tra loro per ragioni di servizio.



Non solo l’Arma interviene anche sul rilascio di dichiarazioni o interviste su blog e riviste online e sulle lamentele degli uomini e delle donne in divisa, che sempre più spesso parlano di «scarsa sicurezza», «materiale inadeguato», «poche risorse», «addestramento insufficiente». La circolare sottolinea che gli interventi sui media necessitiano della preventiva autorizzazione dell’Amministrazione “ove concernenti il servizio o fatti ad esso attinenti”. Un errore madornale secondo il Nuovo Sindacato Carabinieri infatti nel 2012 è intervenuta una sostanziale e fondamentale modifica all’art. 1472 la quale ha giustamente stabilito che l’autorizzazione deve essere richiesta per argomenti di interesse militare o di servizio e non anche per quelli “collegati al servizio” che sarebbe stato evidentemente troppo restrittivo, ambiguo e generico.



In linea di principio – prosegue NSC – si potrebbe condividere il fatto che i militari dell’Arma “non devono utilizzare i social come mezzo privilegiato per rappresentare alla scala gerarchica questioni di servizio o di carattere privato ma utilizzando le previste regole e procedure. Lo stesso però comporterebbe un atteggiamento della scala gerarchica teso ad ascoltare, convocare a rapporto e ammettere a conferire tutti coloro che ne hanno fatto richiesta e che hanno osservato le precise regole e procedure. Sono centinaia ad oggi i casi di militari dell’Arma che hanno fatto richiesta di conferire ad esempio con il Comandante Generale, e che da anni attendono di essere convocati e mai stati chiamati neanche da persona delegata.

 

E’ pur vero che il Comandante Generale – sottolinea NSC – non ha nessun obbligo di ricevere gli stessi militari che ne abbiano fatto regolare richiesta, ma è pur vero che questi militari in un modo o nell’altro cercano una valvola di sfogo. Sarebbe da chiedersi perché centinaia e centinaia di militari scrivono sui social e manifestano il loro disagio sui social? Siamo sicuri che una circolare repressiva possa risolvere i problemi dei militari dell’Arma? O farebbe covare sotto la cenere il disagio latente? Non dimentichiamo poi che oggi, perfino i Ministri della Difesa interloquiscono con i militari direttamente sui social scambiando opinioni con gli stessi senza tante formalità o inutili riverenze. Ultimo utilizzatore di tale sistema per stare vicina ai militari è stata l’ex Ministro Elisabetta Trenta.




In un intero capoverso – sottolinea il Nuovo Sindacato Carabinieri – viene disquisito, inoltre, sui comportamenti relativi a relazioni amicali o affettive, a parte il sapore paternalistico che esprime da una prima lettura, ci si avventura in un “campo minato” quale è la sfera privata del cittadino militare che non è un cittadino di serie “B”, ma oltre ai profili di ambiguità e poca chiarezza espositiva, si rileva una contraddittorietà di fondo e un grave assunto che non deve in nessun modo passare e deve essere sicuramente ritirato. In sostanza si giunge a paragonare la sfera digitale non solo “al contegno nella vita privata” il che in linea teorica potrebbe anche starci. Ma siccome l’art. 1350 del C.O.M. prevede espressamente che la disciplina militare si applica solo ai militari nei 4 casi specifici contemplati e cioè:

a) svolgono attività di servizio;

b) sono in luoghi militari o comunque destinati al servizio;

c) indossano l’uniforme;

d) si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali.

E’ del tutto evidente che la dimensione digitale viene identificata (secondo la concezione dell’estensore della stessa) come una zona ove permanente e 24 ore su 24 vige la disciplina militare senza la possibilità di distinguere dall’attività di servizio alla sfera privata. Questo perché il fatto di aver taciuto/nascosto il proprio particolare status viene descritto con l’accezione negativa di chi invoca una esimente, mentre invece è proprio un atteggiamento giusto e da tenere nelle relazioni amicali, private o di altro tipo, in linea con quanto previsto dall’art. 1350 comma 2, lettera d) del C.O.M. D’altra parte se trattasi di relazione amicale o affettiva mi sembra più che giusto tenere fuori dalle stesse il proprio “status”.

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Un’ultima annotazione del Nuovo Sindacato Carabinieri è sul taglio di questa circolare, dalla quale traspare nella lettura un senso di ripudio e ribrezzo nei confronti delle piattaforme e degli strumenti che la tecnologia ci offre confliggendo con il titolo e l’oggetto che parla di “Uso consapevole”. E’ come voler far passare il messaggio che bisogna stare alla larga da questi strumenti che hanno la capacità di essere strumenti di portentosa e immediata comunicazione, nel quale siamo immersi e circondati e con cui dobbiamo fare i conti senza rifuggirne.


Il Nuovo Sindacato Carabinieri conclude auspicando la “formulazione di una nuova circolare, questa volta redatta in chiave addestrativa e non censoria o intimidatoria. La stessa provoca disorientamento e distacco tra il personale e la scala gerarchica. E di questi tempi, grazie anche all’intermediazione dei Sindacati Militari, destinati a fare da collegamento con il personale, attesa a breve la scomparsa delle inutili e costose rappresentanze militari, c’è veramente bisogno di altro.”


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