Carabinieri

GIU LE MANI DAI CARABINIERI. MILITARE INDAGATO E SU INTERNET SI SCATENA IL PARTITO “ANTIDIVISE”

In una tendopoli vicino Rosarno un immigrato ha aggredito un carabiniere che, per difendersi ha estratto la pistola e lo ha ucciso. E’ questo il dramma che abbiamo raccontato ieri. Purtroppo, come era prevedibile le polemiche susseguite in pasto ai social netwotk sono davvero, tante, troppe rispetto alla tragedia consumata ieri. Dispute ed insulti che non si fermano neanche di fronte alla morte, come accaduto recentemente in seguito alla morte dell’eurodeputato della Lega Nord Buonanno. Tra i vari commenti che circolano in rete, quello attribuito ad una giornalista del Fatto Quotidiano su Facebook sta suscitando molta risonanza: “Una volta si insegnava a sparare in aria (o alle gambe), ma si vede che sono maturi i tempi della “caccia al negro””.

Riportiamo di seguito un interessante stralcio di UN articolo che il giornale “Il Tempo” dedica oggi a quanto accaduto con un approfondimento di due pagine nell’edizione di oggi in edicola.

Un dramma che fa temere rivolte in altri centri di accoglienza mentre il partito “anti –divise” insinua responsabilità del militare benché i magistrati, che per atto dovuto hanno iscritto l’appuntato nel registro degli indagati, parlino esplicitamente di legittima difesa.

Clandestini scatenati contro i carabinieri. Aggressioni, minacce, auto distrutte. Ecco il bilancio delle violenze ai danni dei militari che si sommano ai 52 feriti nel 2014, ai 75 nel 2015. Il sacrifico delle nostre forze dell’ordine viene, però, dimenticato dal partito «antidivise» ogni qualvolta un agente o un militare, com’è accaduto ieri a Rosarno, estrae un’arma e spara per difendersi dopo essere stato colpito con un coltello. Eppure, lo si evince da un dossier delle forze dell’ordine, le aggressioni, le minacce e le intimidazioni degli extracomunitari contro carabinieri e poliziotti ormai non si contano più.

In merito ai fatti di Rosarno la dinamica ufficiale la fornisce la procura di Palmi. Erano le 9.30 annotano i magistrati, quando all’interno dello spaccio abusivo, Triore (il nome della vittima) si scaglia con un coltello da cucina in mano, per quelli che gli inquirenti definiscono “futili motivi”, contro due extracomunitari. Il primo viene ferito con un fendente all’avanbraccio destro, al secondo tenta di rubare un borsello con 250 euro. La pattuglia, arrivata immediatamente, cerca di calmare Triore, ma il maliano, in stato di alterazione psicofisica, tenta di aggredire chiunque gli si avvicini. Intanto sopraggiungono altre due volanti. Gli agenti intimano al giovane di posare il coltello ma senza riuscire a convincerlo, finchè Triore non si Scaglia contro uno di loro, l’appuntato Antonino Catalano, colpendolo con la lama all’altezza dell’occhio destro.

 

Poliziotti e militari, due dei quali rimasti feriti, intervengono e lo allontanano, ma il maliano, ormai fuori controllo, si lancia nuovamente contro l’appuntato che a questo punto estrae la pistola di ordinanza ed esplode un colpo che ferisce Triore all’addome, uccidendolo. In un attimo agenti e carabinieri vengono accerchiati da altri immigrati. L’unico modo per portarli alla ragione, in attesa dell’arrivo dei rinforzi, è quello di estrarre le pistole. La tensione rimane, per ore, altissima.

 

Se gli immigrati affermano di non aver visto nessuno scagliarsi contro il carabiniere e che il coltello è stato sì puntato contro il militare, ma a debita distanza, il procuratore di Palmi, Ottavio Sferlazza, spiega che “la vittima era in evidente stato di agitazione, non si sa se per abuso di alcool o per altre sostanze” e che “c’è stato da parte dell’immigrato, secondo la nostra ricostruzione, basta sulle testimonianze delle persone presenti, un atteggiamento prima intimidatorio nei confronti del militare e poi concretamente aggressivo”. Per il magistrato, inoltre, “il carabiniere curato in ospedale, dove gli hanno dato 5 punti di sutura, dovrà essere iscritto nel registro degli indagati, ma il uqadro che si delinea è di una legittima difesa da parte del militare”. Il che fa sperare che l’iscrizione resti in piedi il più breve tempo possibile e che l’archiviazione sia rapidissima.

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