Marina militare

LA MARINA MILITARE CHIEDE UN MILIONE DI EURO AGLI UFFICIALI “INFEDELI”

Uno scandalo che da mesi attanaglia la Marina Militare. Le dieci persone coinvolte nell’inchiesta del pm Maurizio Carbone decollata il 13 marzo del 2014 con l’arresto in flagranza di reato del capitano di fregata Roberto La Gioia comandante del 5° reparto di Maricommi. L’ufficiale fu fermato nel suo ufficio subito dopo aver intascato una tangente di 2mila euro da un imprenditore. Lo stesso imprenditore aveva già denunciato tutto ai carabinieri sostenendo di aver subìto per anni il “sistema del 10 per cento” e versato tangenti per circa 150mila euro per mantenere l’appalto dello smaltimento delle acque di sentina delle navi militari.
Fra casa e ufficio del militare gli investigatori trovarono circa 44mila euro, ma soprattutto alcune pen drive su cui era annotata la contabilità occulta e la lista delle imprese che pagavano tangenti. Nelle settimane scorse il nuovo filone con altri arresti.

“Ci dicevano che era una prassi, una disposizione dei superiori ai quali andavano le bustarelle”, racconta ai carabinieri uno di loro. Un altro spiega di aver pagato negli anni tangenti per 150mila euro pur di lavorare. Un altro ancora, invece, riferisce di aver segnalato al vice direttore della base di aver subìto minacce e richieste ma è finito escluso da tutte le gare e fallito nel giro di un anno. Quella che gli ufficiali definiscono “una prassi”, un “contributo natalizio”, per i magistrati è un vero e proprio sistema di pizzo imposto “in modo rigido e con brutale e talora sfacciata protervia, come fa la malavita organizzata”, scrive il gip Pompeo Carriere nella prima ordinanza di custodia cautelare.

A settembre 2016 un altro clamoroso arresto in flagranza: il nuovo comandante di Maricommi, il capitano di vascello Giovanni Di Guardo, mandato dalla Marina militare a fare pulizia dopo lo scandalo delle tangenti e gli arresti viene pizzicato mentre riceve dall’imprenditore Vincenzo Pastore, sindaco di Roccaforzata, una bustarella per pilotare una gara d’appalto da 11 milioni di euro.

Qualche giorno più tardi finisce in manette per corruzione anche il braccio destro dell’ufficiale, la tenente vascello Francesca Mola, primo ufficiale donna a finire in carcere. Neanche un mese dopo, nuova ondata di arresti. In carcere finisce anche la compagna di Di Guardo, insieme con alcuni imprenditori accusati di associazione per delinquere.

Un milione di euro è il conto per i danni morali, ancora da quantificare quelli materiali, presentato dalla Marina Militare all’udienza preliminare nei confronti di nove ufficiali, un sottufficiale e un dipendente civile per i quali la Procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio per concussione.

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