Polizia

Poliziotto che calpestò una manifestante al corteo assolto: «Gesto involontario, non causò lesioni»

Il poliziotto Massimiliano D’Addario non causò lesioni fisiche a Deborah Angrisani, la manifestante che denunciò di essere stata calpestata nel corso di una violenta manifestazione dei movimenti per il diritto alla casa ed è «indubbio» che l’agente «sia salito involontariamente sul corpo della Angrisani» in un momento «di forte tensione in quanto impegnato a tutelare l’incolumità pubblica messa in serio pericolo dalla deprecabile condotta dal gruppo dei manifestanti facinorosi». È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Roma che ha assolto il poliziotto in relazione ai fatti del 12 aprile 2014 «perché il fatto non sussiste».

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Sul caso, che venne reso noto da un video e fece molto scalpore, si pronunciò all’epoca dei fatti anche l’allora capo della Polizia Alessandro Pansa, che, prima che l’agente si presentasse in questura, parlò di «un cretino da identificare». Nello spiegare le motivazioni dell’assoluzione, il Tribunale richiama le conclusioni del consulente della difesa, Natale Maria di Luca, ordinario di Medicina Legale presso l’Università La Sapienza di Roma, il quale ha evidenziato «come una pressione di un uomo del peso dell’imputato su una ragazza distesa a terra avrebbe sicuramente prodotto un ematoma che sarebbe stato ben visibile anche a quattro giorni di distanza», cioè quando la ragazza si è fatta visitare, ma «nessun ematoma è stato rilevato dai medici del pronto soccorso dell’Ospedale Versilia». Il Tribunale inoltre sottolinea come «D’Addario al momento dei fatti indossava scarpe sportive e non ‘pesanti scarponi’ come contestato nel capo di imputazione, circostanza questa che avvalora il fatto che dal calpestamento non sono derivate lesioni fisiche a carico del torace o dell’addome».

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A quanto rileva il Tribunale di Roma, peraltro, è «verosimile che l’Angrisani abbia riportato l’escoriazione del gomito sinistro durante le percosse, subite o nel momento in cui cadeva a terra, ipotesi peraltro avvalorata dal fatto che D’Addario ha appoggiato il suo piede sul fianco destro della ragazza e non su quello sinistro. Ne consegue – si sottolinea nelle motivazioni – che, non avendo l’azione posta in essere da D’Addario causato a carico della Angrisani alcuna conseguenza dannosa, l’imputato non può che essere assolto perché il fatto non sussiste». «Ad ogni buon conto, anche qualora si volesse ritenere l’escoriazione al gomito conseguenza immediata e diretta della condotta dell’Addario, l’imputato va comunque assolto per assenza della volontarietà ed intenzionalità nella condotta delittuosa così come accertata, perpetrata peraltro durante lo svolgimento e nei limiti del suo servizio», proseguono. Il Tribunale evidenzia che i fatti si sono svolti in un contesto ‘di guerriglia urbanà «caratterizzato dal lancio di bombe carta e ordigni di ogni genere che causavano anche il ferimento di alcune persone tra manifestanti e agenti delle forze dell’ordine», nel quale è necessario ribadirlo, si trovava la persona offesa«, e D’Addario, protetto solamente da un manganello e da un casco, in abiti civili, »appartenente alla squadra artificieri, aveva il compito indubbiamente delicato di bonifica e controllo dei luoghi, con il preciso scopo di evitare che dall’esplosione degli ordigni utilizzati dai manifestanti potessero derivare danni alle forze dell’ordine o ai civili«.

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L’agente »in un momento di evidente forte agitazione«, allo scoppio di un ordigno, ricostruisce il tribunale, »calpestava l’Angrisani che si trovava a terra. D’Addario ha riferito di non essersi accorto di quanto accaduto perché in quel momento, oltre ad avere il casco che gli impediva di vedere con la necessaria chiarezza quanto accadeva intorno a lui, era preoccupato di verificare la presenza di eventuali bombe carta o altri esplosivi«. Dichiarazioni che »appaiono assolutamente credibili se confrontate con i filmati acquisiti«, secondo le motivazioni della sentenza.

Secondo il Tribunale «è verosimile che D’Addario, indossando un casco che si appannava e si muoveva tanto da non consentirgli una chiara e perfetta visione, in un momento di evidente tensione sia fisica che emotiva (…) inavvertitamente e senza alcun intento delittuoso, calpestava l’Angrisani che si trovava terra». Tra l’altro, «come si evince dalla visione dei filmati, D’Addario si fermava a soccorrere alcuni manifestanti che aiutava a rialzarsi per consentirgli di potersi allontanare, atteggiamento evidentemente in contrasto con un ipotetica intenzionalità delittuosa nei riguardi dell’Angrisani che si sarebbe di lì a pochi minuti concretizzata». A ciò deve aggiungersi che, «visionando il filmato prodotto dalla difesa al termine della istruttoria, appare evidente come D’Addario si ricorda in un momento di forte tensione in quanto impegnato a tutelare l’incolumità pubblica messa in serio pericolo dalla deprecabile condotta dal gruppo dei manifestanti facinorosi, sia salito involontariamente sul corpo della Angrisani, tanto che il piede, nella immediatezza, scivolava su un lato segno evidente di una azione involontaria. È indubbio infatti che ove D’Addario avesse voluto calpestare con intenzionalità l’Angrisani con lo scopo di provocarle lesioni, sarebbe certamente salito sul suo corpo con tutto il peso, facendo proprio attenzione a non scivolare per non vanificare il suo intendo delittuoso». «La encomiabile ed ineccepibile condotta di servizio dell’imputato documentata dalla difesa oltre che dalle dichiarazioni del teste Salvatore Timpano, Commissario della Polizia di Stato, può considerarsi un ulteriore elemento a conferma della assoluta mancanza di volontà da parte dell’Addano di calpestare l’Angrisani la fine di provocarle lesioni fisiche. Il momento di particolare concitazione, il contesto pericoloso definito di guerriglia urbana e l’attenzione prestata nello svolgimento del delicato compito assegnato, sono tutti elementi che consentono di escludere anche l’elemento soggettivo del reato», conclude il Tribunale.

Redazione articolo a cura di Leggo.it

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