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Poliziotto simpatizza per il M5S, Questore lo punisce con una sanzione pecuniaria

Sui diritti politici la Polizia di Stato sembra non aver assimilato i principi già ribaditi dalla storica sentenza del Consiglio di Stato sui militari. Clicca qui per leggere la sentenza sui militari.

Nel caso in esame il ricorrente è Assistente Capo di Polizia in servizio presso la Questura di Rimini e fino al mese di marzo 2016 prestava servizio nella guardiania della Prefettura, come addetto alla vigilanza del pubblico in ingresso.

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Nel febbraio del 2016 la Questura è venuta a conoscenza della partecipazione nel mese precedente a tre occasioni di dibattito politico interno al Movimento Cinque Stelle di Rimini, in vista delle future elezioni comunali.

Dopo una serrata istruttoria, il Questore ha inviato gli atti alla Procura della Repubblica, ha rimosso il ricorrente dal proprio incarico assegnandolo ad altra sede, ha avviato un procedimento disciplinare chiedendo al Capo della Polizia il trasferimento in altra Provincia per incompatibilità ambientale.

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La Procura di Rimini ha archiviato le indagini il giorno dopo la ricezione degli atti per irrilevanza dei fatti ed anche il procedimento di trasferimento si è concluso senza esito.

Nel procedimento disciplinare il Questore ha respinto le giustificazioni del ricorrente e gli ha inflitto una sanzione pecuniaria pari a 2/30 della retribuzione per aver violato le norme di comportamento politico prescritte dall’art. 81 L. 121/1981.

Nel provvedimento sanzionatorio si afferma che il ricorrente avrebbe interferito nella vita politica locale e tentato di orientare le scelte del Movimento Cinque Stelle rispetto alle elezioni amministrative sostenendo alcune candidature e tentando di intralciarne altre.

In punto di diritto – sottolinea il T.A.R. Emilia Romagna accogliendo il ricorso del poliziotto in una recente sentenza – l’art. 81 della legge 121/81 pone per il personale della Polizia restrizioni allo svolgimento delle attività politiche superiori a quelle previste per gli altri cittadini in conseguenza del peculiare status rivestito, che richiede ogni possibile garanzia di neutralità e imparzialità. Pertanto, tale personale non può “svolgere propaganda”, “partecipare in uniforme … a riunioni e manifestazioni” e deve “mantenersi al di fuori delle competizioni politiche”.

D’altra parte, le restrizioni non possono trascendere ogni limite senza violare il dettato costituzionale che garantisce le libertà politiche. In altri termini, le restrizioni non possono essere applicate estensivamente con integrazione analogica, rappresentando eccezioni rispetto la regola costituzionalmente stabilita.”.

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Orbene – secondo il T.A.R. – gli episodi contestati al ricorrente non rientrano in nessuna delle limitazioni sancite dal citato art. 81: gli episodi contestati non integrano un’attività di propaganda, non c’è stata partecipazione in uniforme a manifestazioni e neppure partecipazione a competizioni politiche. Gli incontri accennati hanno infatti natura privata e non pubblica.

Se si dovessero estendere anche a forme di estrinsecazione della propria personalità quali la manifestazione del proprio pensiero anche in ambito politico, i divieti di cui all’art. 81, assimilando ogni discussione politica in vista di elezioni ad un’indebita intromissione in competizione politica, vi sarebbe un eccesso di garanzia delle esigenze che la norma tende a salvaguardare con violazione del dettato costituzionale sulle libertà di partecipazione politica.

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