Carabinieri

LA BANDIERA NON ERA NAZISTA. IL COLONNELLO ACCOGLIE IL RICORSO DEL CARABINIERE

Annullata la punizione al carabiniere accusato di aver esposto un vessillo neonazista in caserma. L’Arma dei carabinieri ha dunque cancellato i tre giorni di rigore inflitti al militare 24enne riconoscendolo come semplice appassionato di storia.

Era il 2 dicembre 2017 quando venne pubblicata la foto di una bandiera di guerra tedesca del Secondo Reich appesa sui muri della Caserma “Baldissera” a Firenze. Il giornalista, con questa immagine “rubata” all’interno della caserma, sottolineò come quel vessillo fosse “in uso a formazioni neonaziste” e l’accostamento svastica-carabinieri fece scoppiare un vero e proprio scandalo. Anche il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, condannò il gesto, sostenendo che chi espone uno stendardo del Reich “non può essere degno di far parte delle forze armate”. Ed oggi la verità.

Quella bandiera non ha nulla a che fare con il nazismo, quindi, anche se a caldo tutta la stampa italiana e metà dei politici si lasciarono sfuggire la dichiarazione indignata sulla bandiera nazista in caserma, con tanto di ovvio corollario sulle forze dell’ordine reazionarie e, quindi, para golpiste. Poi la mira venne corretta, passando dal terzo al secondo Reich, appunto, cioè, per capirci, da Adolf Hitler a Otto von Bismarck. Per la precisione, si trattava della bandiera della Kriegsmarine, la marina di guerra. Pubblicammo, a dire il vero, il punto di vista di Enrico Mentana il quale sottolineò che la bandiera non era nazista ma solo un vessillo di interesse storico.

Ora il colonnello Raffaele Fedocci ha accolto il ricorso del carabiniere perché “risulta essere sempre stato alieno non solo dal partecipare a manifestazioni neonaziste, ma anche dall’aver mai espresso tali riprovevoli manifestazioni del pensiero”.

Secondo il colonnello, tutto parte da un fraintendimento: “un giornalismo attuato con procedure più affini a quelle del rotocalco da gossip che a quelle di organi deputati alla cronaca”. Per l’Arma “l’articolista ricorre all’utilizzo di potenti strumenti di fotoriproduzione per carpire in luogo militare” il vessillo “con il presumibile scopo di prospettare, riuscendovi, una notizia sensazionale”.

Il carabiniere infatti aveva sempre sostenuto di non essere a conoscenza del fatto che la bandiera fosse usata da gruppi neonazisti in giro per il mondo. Un fatto ora accertato anche dall’Arma. “La conclamata mancata partecipazione del militare a manifestazioni di tipo eversivo, nel corso delle quali si sarebbe ipoteticamente fatto uso del vessillo rende plausibile la possibile mancata conoscenza dell’uso improprio” dello stendardo.”Non può essere trascurato come” il 24enne “sia stato in grado di motivare il possesso della bandiera spiegandone le motivazioni araldiche e storiche suffragate da una passione per la storia”. Passione “conclamata dalla consequenziale iscrizione alla facoltà di Storia” alla Sapienza. È escluso dunque che il carabiniere aderisca “a contesti politici pseudo eversivi”. A suffragare il ragionamento c’è anche il fatto che “il luogo ove è avvenuto l’acquisto”, ovvero un sito di articoli militari, “risulta alieno da qualsiasi connotazione estremistica” e non vende stendardi del nazional-socialismo.

Il colonnello sottolinea ancora: “connota un periodo della storia tedesca qualificato da istituti democratici” distanti anni luce dal “successivo periodo dittatoriale” targato Führer. Certo: resta il fatto che alcune “formazioni di ispirazione neonazista (…) abbiano fatto uso della bandiera” prussiana. Però per il colonnello Fedocci “l’utilizzo indebito di un simbolo non può alterare il significato intrinseco”, altrimenti se “gruppi eversivi” usassero un “simbolo religioso” come emblema, bisognerebbe censurare pure quello. Assurdo.

Ecco dunque perché il gendarme è stato assolto dall’accusa di aver provocato un “danno di immagine all’Istituzione”: perché “non esiste alcun elemento (…) che possa suffragare la tesi che il militare abbia usato il vessillo con un significato difforme da quello proprio” né che “lo abbia esposto con superficialità, leggerezza o scarso senso di responsabilità”.

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